Come previsto, gli scambi tra Karine Keller-Sutter e Guy Parmelin e la Casa Bianca non hanno portato a risultati. Il PST-POP esprime la sua indignazione riguardo alla linea di sottomissione adottata dal Consiglio federale nei confronti degli Stati Uniti. A causa del loro rifiuto di sacrificare una parte degli interessi della grande borghesia nazionale, sarà una percentuale significativa di lavoratori dei settori dell’industria svizzera a pagarne le conseguenze.
La posizione particolare e vantaggiosa che la borghesia svizzera era riuscita ad acquisire a livello internazionale dopo la Seconda Guerra mondiale è sempre meno tollerata, in particolare dall’amministrazione Trump. Molte imprese svizzere si sono eccessivamente orientate verso il mercato statunitense. Per preservare i propri margini di profitto in un mondo divenuto per lei più ostile, la borghesia svizzera intende far pagare le proprie difficoltà alla classe lavoratrice: si parla già di “miglioramento delle condizioni quadro”. Più flessibilità, più liberalismo, meno norme sociali e ambientali; a breve termine, ciò si traduce in riduzioni salariali, licenziamenti e un impoverimento massiccio.
Sottomissione agli Stati Uniti?
Anche la sinistra riformista e la destra liberale affermano che il fallimento della strategia negoziale del Consiglio federale è quello di una via solitaria. La Svizzera dovrebbe avvicinarsi all’UE e accettare imperativamente gli Accordi Bilaterali III. A sostegno della loro affermazione, invocano l’accordo concluso tra USA e UE, che prevede “solo” il 15% di dazi doganali. Questo esempio in realtà confuta la loro tesi: l’accordo firmato dall’UE è un accordo di sottomissione. Per ottenere una riduzione della metà dei dazi doganali inizialmente previsti, l’UE si è impegnata a investire 600 miliardi di dollari negli USA, nonché ad acquistare petrolio e gas di scisto statunitensi per 750 miliardi di dollari. Si tratta di più del triplo di quanto acquista attualmente, il che annienta qualsiasi obiettivo di decarbonizzazione e rappresenta un disastro ecologico assoluto. Gli USA, dal canto loro, non hanno garantito alcuna contropartita. L’UE sceglie così di preservare il proprio rapporto di vassallaggio nei confronti degli USA, invece di impegnarsi in una prova di forza, come ha fatto con successo la Repubblica Popolare Cinese.
«L’UE rappresenta il neoliberismo, il potere antidemocratico di eurocrati non eletti, la sottomissione agli USA, l’acquisto massiccio di petrolio e gas di scisto, nonché il militarismo sfrenato. La Svizzera non ha affatto motivo di ormeggiarvisi. Del resto, è contraddittorio che partiti della sinistra riformista propugnino questa via, che vieterebbe la realizzazione dei loro programmi ufficiali.» stima Alexander Eniline, presidente del PST-POP. «Gli USA trattano ostensibilmente la Svizzera come un paese ostile. È opportuno prenderne atto e agire di conseguenza.»
La maggior parte dei paesi membri dell’UE sono inoltre anche membri della NATO, e questi stessi paesi hanno tutti accettato – ad eccezione della Spagna – l’esorbitante esigenza di Donald Trump, priva di qualsiasi base legale, di portare le proprie spese militari al 5% del proprio PIL entro il 2035. Si tratta di una cifra colossale, raggiunta solo da paesi in guerra, e che rappresenterebbe quasi la metà del bilancio di alcuni dei paesi interessati.
Misure concrete della Svizzera
Il Partito Svizzero del Lavoro – POP si posiziona contro una politica di allineamento agli USA e ritiene che la servilità ufficiale nei loro confronti debba cessare immediatamente. Esso invoca la rottura del contratto di acquisto degli F-35, e di ogni cooperazione con la NATO, la fine dell’applicazione da parte della Svizzera di sanzioni unilaterali decise da USA e UE contro altri paesi e, al contrario, l’applicazione di sanzioni contro Israele; contromisure verso le imprese statunitensi del tech, e lo sviluppo di soluzioni alternative per uscire dalla dipendenza da Google, Apple, Facebook, ecc.
Contatto
Alexander Eniline, Presidente del Partito Svizzero del Lavoro – Partito Operaio e Popolare