Condividiamo in seguito un articolo di Hursit Kasikkirmaz, membro attivo del POP Ticino sul popolo curdo.

Prima i colonizzatori, poi gli imperialisti e infine gli Stati reazionari del Medio Oriente: nessuno di questi vuole che i curdi ottengano uno status politico. Questa situazione è emersa chiaramente negli sviluppi recenti in Turchia e Siria. Del resto, anche Öcalan non chiede né uno Stato per i curdi, né strutture statali parziali come l’autonomia, la federazione o simili. Öcalan propone un modello di vita comunitaria, utopico nel contesto attuale del Medio Oriente e non sufficientemente chiarito.

Per questo motivo, Öcalan e il PKK si sono opposti inizialmente alla creazione della federazione del Kurdistan del Sud (nord Irak) e in seguito hanno respinto il referendum per l’indipendenza in questa regione. Öcalan e il PKK, negli ultimi 50 anni, hanno cambiato spesso approccio: prima volevano un Kurdistan unito, indipendente e democratico, poi la Repubblica Democratica, quindi il Confederalismo Democratico, le Regioni Democratiche, la Nazione Democratica, e infine la Società Democratica e Pacifica. Tuttavia, nessuno di questi modelli è stato mai formulato in modo coerente e adatto alle condizioni reali.

Attualmente, in Turchia si parla di un processo di pace non ben definito, mentre in Rojava è stato firmato un accordo tra l’autonomia curda e il governo siriano per reintegrare l’area alla Siria. Però non bisogna farsi ingannare dal doppio gioco di certi Stati imperialisti o regionali. Agiscono così per i propri interessi. Il punto fondamentale è che i curdi, incapaci di leggere correttamente gli equilibri nazionali e internazionali, stanno perdendo un’opportunità storica. Negli ultimi 30 anni, gli equilibri mondiali sono cambiati tre volte: prima si è sciolto il blocco socialista con l’URSS, poi gli Stati Uniti e l’Occidente si sono dichiarati padroni del mondo con il Nuovo Ordine Mondiale. Successivamente, la Russia si è ripresa, e con la guida di Russia e Cina è nato il blocco dei BRICS.

Ad esempio, durante il regime di Assad in Siria, gli USA e l’Occidente hanno sostenuto fortemente i curdi. Dopo la caduta di Assad, però, questo sostegno è diminuito. Avevano appoggiato i curdi contro Assad perché faceva parte del blocco russo. Ma dopo la sua caduta, sono intervenuti per trovare un accordo tra i curdi e il nuovo governo, allineato all’Occidente. Anche l’idea che i curdi ripongano fiducia in Israele è sbagliata, poiché Israele non può agire in modo indipendente dagli USA e dall’Occidente. Lo stesso vale per la Turchia, che negli ultimi 20 anni è cresciuta notevolmente diventando una potenza semi-imperialista e la 20ª economia mondiale. Ciò ha rafforzato la sua posizione politica, economica, militare e strategica.

Durante questi processi di polarizzazione globale, molti movimenti come il PKK si sono sciolti, hanno firmato accordi con lo Stato oppure sono stati sconfitti. Alcuni esempi: le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC, 2016), ETA nei Paesi Baschi (2011), le Tigri Tamil (2009), l’IRA (2007), il Fronte di Liberazione. Nel 2017, anche la Catalogna ha tenuto un referendum per l’indipendenza, che però non è stato accettato dalla Spagna, UE e USA.

Se i curdi avessero saputo valutare gli ultimi 30 anni oggi si troverebbero in una posizione migliore. Ma non ci sono riusciti.

Perché la linea PKK–Öcalan non ha mai voluto modelli statali o semi-statali come Stato, Federazione, Autonomia.

Perché i curdi, in generale, non hanno mai costruito la loro unità e solidarietà in modo strategico.

Il problema dell’unità curda è serio. Si sono insultati, si sono uccisi e aggrediti inutilmente, si sono minacciati. Inoltre, poiché la cultura democratica è debole, non sono stati in grado di tollerarsi a vicenda. Nonostante tutto ciò, non hanno mai sentito il bisogno di scusarsi o di fare autocritica.

E ora cosa succederà? Non sono un sapiente né un profeta, ma secondo me si stanno pianificando soluzioni simili (anche se non identiche) in Turchia e in Siria. È così che interpreto i piani degli imperialisti e dei colonizzatori. In Turchia è stato istituito un comitato parlamentare per affrontare il pblema. In Siria si sta lavorando per attuare l’accordo in 8 punti firmato recentemente trai curdi e il governo siriano.

In entrambi i Paesi, la negazione dell’esistenza dei curdi sarà in gran parte superata, ma si tratterà di un riconoscimento senza status. Per esempio, in Turchia si tenterà di sostituire l’articolo costituzionale “Chiunque è legato alla Repubblica turca per vincoli di cittadinanza è turco” con una formula più inclusiva: “Chiunque è legato allo Stato turco per vincoli di cittadinanza — curdo, turco, arabo, circasso, armeno, greco, ecc. — è ritenuto cittadino turco uguale davanti alla legge.”

In sintesi, senza modificare la natura dei regimi esistenti, si punta a una soluzione parziale e limitata, valida per tutte le minoranze, ma in realtà insufficiente.

Hurşit KAŞIKKIRMAZ